venerdì 12 settembre 2014

Intervento del compagno ildo Fusani al convegno tenutosi a Carrara sul tema “Marmo Bene Comune”

   
Per Sinistra Anticapitalista la lotta e l’impegno per il riconoscimento della piena proprietà pubblica sugli agri marmiferi di Massa e di Carrara e su tutti i giacimenti di marmo delle Apuane e della Toscana si inseriscono in un più ampio orizzonte e in un programma che prevedono e perseguono l’abolizione dei vincoli del capitalismo e l’instaurazione di un nuovo rapporto degli uomini con la collettività, con il loro ambiente e la natura.
 
Pubblichiamo di seguito l’intervento del nostro compagno, Ildo Fusani, in occasione del convegno organizzato da Anpi e Fiap sul tema “Marmo Bene Comune” con le nostre prime osservazioni e proposte alternative alle scelte effettuate dalla Giunta Regionale della Toscana attraverso la proposta di legge sulle cave, approvata nel mese di agosto.
Noi lavoriamo affinché queste proposte possano inserirsi in un più ampio programma da costruirsi partendo dalla consapevolezza che qualsiasi progetto economico debba prioritariamente tenere di conto del suo impatto con la natura,con l’ambiente e con le collettività coinvolte.
 

 
Con un documento firmato da molti  cittadini, tra cui molti oggi qui presenti, l’ANPI e la FIAP hanno chiesto alla regione Toscana di disporre,  in applicazione dei poteri conferiti alle regioni dalla Costituzione Italiana, il passaggio di tutti i giacimenti marmiferi al patrimonio pubblico, come già hanno fatto altre regioni, mettendo fine ad una estenuante e infinita “fase di transizione”  durata quasi venti anni, durante i quali si è  perpetuata la rendita parassitaria e si è allargata la illegalità nel mondo del marmo.
Alla fine di giugno, dopo pochi mesi dall’approvazione della nuova legge regionale sugli  usi civici che  liquida ogni diritto civico collettivo esistente sulle cave di marmo e dopo l’approvazione del piano paesaggistico regionale, con la riconferma  che il Parco delle Apuane è un Parco delle Attività Estrattive e non un Parco Naturale, con il pessimismo della ragione Sinistra Anticapitalista aveva  sostenuto che “poiché non c’è due senza tre prevediamo  che la nuova legge sulle attività estrattive  invece di sancire una volta per tutte la proprietà pubblica dei giacimenti marmiferi, finirà con il riaprire le porte anche alle pretese proprietarie dei privati sugli agri marmiferi di Carrara”.
Ci era sembrato poi che qualche disponibilità all’ascolto delle istanze provenienti dalla cittadinanza la Giunta Regionale la volesse dimostrare e, con l’ottimismo della volontà, in molti ci siamo dati da fare nel presentare osservazioni, proposte e suggerimenti; purtroppo l’illusione è stata di breve durata.
La nuova proposta di legge della Giunta Regionale infatti si caratterizza per le seguenti scelte politiche:
1) la transizione che doveva cessare nel 2004 arriverebbe almeno al 2035. In cambio di un generico impegno alla lavorazione in loco del 50% del materiale escavato, impegno talmente poco esigibile  che, nella parte della proposta di legge relativa alle procedure di gara, l’impegno ad alimentare la filiera locale viene considerato solo marginalmente,  forse perché gli estensori della norma sono perfettamente consapevoli della debolezza giuridica di un obbligo così maldestramente previsto.
2) La dichiarazione di appartenenza dei Beni Estimati al patrimonio indisponibile del comune, così come formulata, appare assolutamente illegittima, in quanto le regioni hanno senza dubbio il potere di disporre l’appartenenza dei giacimenti minerari alla categoria delle cave oppure delle miniere, ma non quella di determinarne la natura, pubblica o privata, in base alla  definizione nominale e neppure alla  descrizione catastale del bene. Pur rendendomi conto delle conseguenze derivanti da questa affermazione, ritengo doveroso sostenerla con forza con l’intento di convincere il Consiglio Regionale, se davvero è convinto di acquisire al patrimonio pubblico i Beni Estimati, ad abbandonare una scelta tecnico-giuridica che porterebbe, quasi certamente, alla sconfitta.  
3) La razionalizzazione delle lavorazioni attraverso la individuazione di livelli territoriali ottimali per il rilascio delle concessioni viene rimandata di almeno venti anni, perché intanto verranno prorogati gli attuali ambiti di cava con conseguente spreco risorse, rischi per lavoratori e per la pubblica incolumità; basti pensare al rischio idraulico  incombente sulla città che preoccupa ben più dell’impatto paesaggistico, anche se bisogna pur riconoscere che, anche in un bacino industriale come il nostro, il paesaggio deve pur trovare una sua tutela.
4) La rendita parassitaria viene legittimata  per altri venti anni con la prosecuzione delle attuali autorizzazioni.
5) Almeno siamo stati ascoltati nella scelta di non abrogare la legge regionale 104/95, su cui si è pronunciata la corte costituzionale e che costituisce un pilastro fondamentale a sostegno dell’appartenenza degli agri marmiferi al patrimonio indisponibile dei comuni di Massa e di Carrara. Ci domandiamo se prima la nostra piccola organizzazione, Sinistra Anticapitalista, e poi altri dovessero gridare ai quattro venti questa elementare considerazione prima di essere ascoltati; in che modo ragionavano gli assessorati e l’ufficio legale della regione toscana? Teniamo conto anche del fatto che sarebbe stato criminale non ascoltare le nostre motivazioni.
A fronte di queste scelte noi sosteniamo che della trasformazione e della filiera abbiamo bisogno ora, non che se ne cominci a parlare tra sette anni, forse per non farne niente.
E aggiungiamo che di razionalizzare le escavazioni,  per limitare il rischio idraulico e per valorizzare il paesaggio, di produrre meno detrito sprecando meno risorse ce ne è bisogno non da oggi ma da ieri, e non tra venti anni.
Questa proposta di legge va respinta e, molto sinteticamente per andare a concludere, la nostra proposta principalmente consiste:
1) nel richiedere il passaggio dei marmi alla categoria delle miniere con dichiarazione di pubblica utilità e di interesse economico strategico dei marmi per la Regione Toscana;
2) nella gestione pubblica diretta della produzione di 150.000/200.000 tonn. di marmo provenienti da giacimenti di buona qualità per destinarne 2/3 alla lavorazione per prodotti di qualità da parte delle aziende locali di trasformazione.
Infatti solo la disponibilità di materiali di pregio da parte di un’azienda pubblica potrà dare forza alla filiera locale, dando priorità all’occupazione e al sistema economico locale invece che al profitto.
La rendita per sua natura, non tende all’investimento e il capitale valorizza solo se stesso andando dove più gli conviene; tra i suoi fini non c’è sicuramente il benessere dei cittadini che, invece, dovrebbe essere al primo posto per politici e amministratori.    
 6 settembre 2014

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