mercoledì 17 settembre 2014

Comunicato sulla proposta di legge della Regione Toscana sulle cave



Sinistra Anticapitalista propone di respingere la nuova proposta di legge sulle cave e che il Comune affidi direttamente alle aziende locali che lavorano il marmo una parte della migliore produzione.


A molti, questa estate, era sembrato che la Giunta Regionale volesse dimostrare qualche disponibilità all’ascolto delle istanze provenienti dalla cittadinanza e noi, assieme ad altri, ci siamo dati da fare nel presentare osservazioni, proposte e suggerimenti; purtroppo l’illusione (non nostra) è stata di breve durata.

La nuova proposta di legge della Giunta Regionale infatti è stata per molti una vera e propria doccia fredda.

La transizione che doveva cessare nel 2004 arriverebbe almeno al 2035 e anche più avanti, in cambio di un generico e poco credibile impegno alla lavorazione in loco del 50% del materiale escavato.

Così la rendita parassitaria verrà legittimata per altri venti anni con la prosecuzione delle attuali autorizzazioni e sarà rimandata qualsiasi seria razionalizzazione, mantenendo gli attuali ambiti di cava che sono causa di spreco di risorse, di rischio per i lavoratori e di pericolo per la pubblica incolumità; basti pensare al rischio idraulico incombente sulla città che preoccupa ben più dell’impatto paesaggistico, anche se bisogna pur cominciare ad affermare che, anche in un bacino industriale come il nostro, il paesaggio deve trovare una sua tutela.

Inoltre la dichiarazione di appartenenza dei Beni Estimati al patrimonio indisponibile del comune, così come formulata nella proposta, appare assolutamente illegittima, quasi una presa in giro!

Infine solo a seguito della nostra decisa denuncia, seguita da quella di molte altre associazioni, si è rinunciato ad abrogare la legge regionale del "95, scelta che avrebbe riaperto le porte alle pretese proprietarie dei privati anche sugli agri marmiferi già riconquistati dal Comune nel 1994.

Certamente abbiamo contribuito a contenere un danno forse irreparabile, ma sarebbe stato criminale non prestarci ascolto!

A fronte di queste scelte e davanti alla crisi noi sosteniamo che della lavorazione del marmo nel territorio abbiamo bisogno ora, non che se ne cominci a parlare tra sette anni, forse per non farne niente.

E aggiungiamo che di razionalizzare le escavazioni, per limitare il rischio idraulico e per valorizzare il paesaggio, e di produrre meno detrito sprecando meno risorse ce ne è bisogno non da oggi ma da ieri, e non tra venti anni.

Questa proposta di legge va respinta e proponiamo in alternativa:

1) il passaggio dei marmi alla categoria delle miniere con dichiarazione di pubblica utilità e di interesse economico strategico dei marmi per la Regione Toscana;

2) la gestione pubblica della produzione di 150.000/200.000 tonn. di marmo provenienti da giacimenti di buona qualità per destinarne 2/3 alle aziende locali che lavorano il marmo per la produzione di prodotti di alta qualità.

Infatti solo la disponibilità di materiali di pregio da parte di un’azienda pubblica potrà dare forza alla filiera locale, dando priorità all’occupazione e al sistema economico locale invece che al profitto.

La rendita per sua natura, non tende all’investimento produttivo e il capitale valorizza solo se stesso andando dove più gli conviene; tra i suoi fini non c’è sicuramente il benessere dei cittadini che, invece, dovrebbe essere al primo posto per politici e amministratori.


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