venerdì 4 ottobre 2013

Lampedusa, chi sono i colpevoli?

di Gippò Mukendi Ngandu (dal sito www.anticapitalista.org)

Si contano ancora i morti dell’immane tragedia di Lampedusa. Molto probabilmente saranno più di trecento. I dispersi sono 500. Si tratta di una strage di enorme proporzioni; una strage, annunciata. Negli ultimi anni, infatti, il Mediterraneo sta diventando, lungo i confini dell’Europa, un vero e proprio cimitero.

Migliaia sono le vittime che sprofondano nei nostri abissi. Spesso non hanno nomi. Sono donne, uomini, bambini che scappano dalla miseria di un continente, quello africano, in cui il capitalismo, ieri nella forma del colonialismo, oggi nella sua forma neoliberista e post-coloniale, si è manifestato nelle sua barbarie, producendo continuamente guerre, saccheggiando e distruggendo interi territori.

In queste ore dovremmo ricordare il debito che ha l’Italia nei confronti della Somalia e dell’Eritrea, i due paesi dai quali proveniva gran parte dei rifugiati.

Conosciamo, invece, i colpevoli. Essi risiedono all’interno delle istituzioni di questa Europa. Sono coloro che hanno progettato e costruito la “fortezza Europa”; coloro che finanziano costosi progetti securitari come Frontex, utili solo per finanziare le polizie dell’altra sponda, quelle che cercano di reprimere le rivoluzioni in corso.

I colpevoli occupano le principali istituzioni italiane. Sono coloro che in queste ore stanno versando le consuete lacrime di coccodrillo come il presidente Napolitano, che, allora ministro degli interni, introdusse nel 1997 in Italia la detenzione amministrativa suggerendo il reato di immigrazione clandestina, adottato poi dalla Bossi-Fini, la cui legge, attualmente in vigore, considera sporchi criminali persino coloro che prestano soccorso in mare ai naufraghi dei battelli della disperazione.

I colpevoli sono coloro che hanno inseguito i razzismi più beceri con l’obiettivo di dividere le lavoratrici e i lavoratori. I colpevoli sono coloro che assecondano e amministrano un sistema che in nome del profitto ammette la libera circolazione delle merci, dei servizi e delle imprese, impedisce con la forza alle persone di circolare liberamente e offre in questo modo ai padroni una forza lavoro a basso costo e ricattabile.

Del resto, come diceva a suo tempo Marx, “il criminale non produce solo il crimine, ma anche il diritto penale” che lo difende. E, in queste ore, mentre la destra più becera e razzista specula sull’immane tragedia, esponenti del governo si dicono pronti ad abrogare la Bossi-Fini, considerata inadeguata dalle istituzioni europee. Per fare cosa? Perseverare nella difesa del colpevole. Così si è espressa a caldo il commissario Ue per gli affari interni, Cecilia Malmstroem: occorre “raddoppiare gli sforzi per combattere i trafficanti che sfruttano la disperazione umana”; allo stesso modo ribattono i principali esponenti del centro sinistra/destra e del governo che puntano anche a maggiori aiuti per ottenere la “strumentazione più adeguata”, quella poliziesca ovviamente.

Eppure, tutti sanno, che è proprio grazie alle politiche repressive che migliaia di persone corrono ogni giorno, drammaticamente consapevoli, il rischio di morire pur di sfuggire alla fame e alla guerra. Ogni altro canale gli è precluso.

La risposta all’immane tragedia che imperversa nel Mediterraneo non può essere il controllo sempre più rafforzato delle frontiere, interne e esterne all’Unione Europea. Una sinistra, degna di questo nome, deve ribellarsi a queste leggi ingiuste e criminali; deve impegnarsi a ricostruire un vasto movimento per la libera circolazione alle frontiere e per più ampio il diritto all’asilo e per indicare senza remore i veri colpevoli.

Una sinistra degna di questo nome non può che essere internazionalista e riconoscere come sua unica frontiera, quella tra sfruttati e sfruttatori.

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